La presenza degli italiani nella regione Nord Pas de Calais

La seconda ondata migratoria

 

Un difficile stabilirsi

 

La seconda Guerra Mondiale creò le condizioni per l’arrivo di una nuova ondata migratoria italiana. La regione aveva subito notevoli distruzioni e occorreva ricostruire. La lotta per il carbone, energia vitale dell’epoca, esigeva una mano d’opera considerevole. L’industria richiedeva molti operai proprio quando la Francia era impegnata nelle lunghe guerre coloniali che necessitavano una forte presenza militare. Dal canto suo l’Italia disponeva di una gioventù numerosa originata dalla politica pro-natalistica del fascismo, l’economia nel dopoguerra era instabile, la disoccupazione e gli stenti mietevano vittime ovunque.

Diversamente dalla posizione fascista, le nuove autorità italiane decisero di liberalizzare l’emigrazione e lasciare andare coloro che desiderassero partire. Il modus operandi della prima ondata migratoria si ripetè e in seguito altri italiani emigrarono nel contesto di accordi firmati tra il governo italiano e francese, accordi che prevedevano l’invio da parte dell’Italia di 25 000 lavoratori per i giacimenti di carbone. In cambio la Francia avrebbe dato all’Italia 50 chili di carbone al giorno per minatore, quantità che progressivamente passò a 180 chili.

L’Office National d’Immigration (ONI) aprì delle sedi in Italia, nelle quali manifesti e cortometraggi illustravano i vantaggi del mestiere di minatore. I candidati erano sottoposti a minuziose visite mediche. Se idonei, firmavano un contratto di lavoro che garantiva loro lo statuto di minatore e partivano alla volta della Francia, inquadrati da addetti accompagnatori dei giacimenti, senza dover anticipare i soldi per il viaggio.

All’arrivo in Francia la delusione degli italiani era grande per la differenza negativa tra le abitazioni mostrate dai manifesti per il reclutamento e gli alloggi di legno o a mezzaluna nei quali erano sistemati in massa. Inoltre le condizioni lavorative nelle mine spaventavano questi uomini abituati ai grandi spazi aperti, ragion per cui molti di loro lasciarono il lavoro in sottosuolo passando a incarichi in superficie oppure andando a lavorare in altri settori come la siderurgia, oppure cambiando regione, o ancora rinunciando a quella esperienza per tornare in Italia.

Una famiglia italiana nel campo del Pescron a Sin le Noble 1950

Una famiglia italiana nel campo del Pescron a Sin le Noble 1950
Photothèque Centre Historique Minier du Nord/Pas-de-Calais, Lewarde

 


Una famiglia italiana nel campo del Pescron a Sin le Noble 1950 (particolare)
Cartina industriale del Nord Pas de Calais (particolare)

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